Sono i dj le nuove star?

2 Agosto 2015

È domenica. Leggo con piacere “laLettura”, l’inserto del “Corriere della Sera”, e mi soffermo sul visual data dedicato alla Musica. “Quest’estate lo spettacolo è il dj”, recita il titolo a pag. 15.
«A qualcuno può sembrare inaccettabile l’onnipotenza dei disc jockey sulla scena musicale, ma io non mi scandalizzo all’idea che oggi siano star totali come David Guetta e Calvin Harris, ai primi posti nella classifica dei dj più famosi, i modelli vincenti ammirati dai giovani.»
Vorrei dire a Max Pezzali, autore del testo, che neanche io mi scandalizzo. Anzi! È da un po’ che mi sento travolta da quest’onda. Per me è stato un nuovo perdermi e ritrovarmi.

A quindici anni mi nutrivo di disco music. Ascoltavo e ballavo gli Snap di Rhythm is a Dancer, o certe ‘tamarrate’ che mi facevano battere il cuore (una su tutte: What Is Love di Haddaway, ma anche Please Don’t Go di Double You). Con le amiche, la domenica pomeriggio, andavo al Manhattan (una discoteca di provincia che ora non esiste più), ci mettevamo addosso vestiti di seta a fiori e anfibi Dr. Martens, e poi giù a ballare fino a non poterne più. Il primo bacio lo diedi proprio in discoteca; non ricordo nemmeno il suo nome, ricordo solo che lui era biondo e sapeva di Brooklyn gusto “spearmint”. Anni Novanta. Arrivava la sera e, dopo pomeriggi di studio annoiato, dallo stereo di camera mia partiva Missing degli Everyhting but the Girl.

And I miss you, like the deserts miss the rain… Sorrido adesso, perché mi sono ritrovata a ballarla e ad urlarla al cielo meno di un mese fa. Ero ad Ibiza, all’Ushuaïa, e sul palco a far girare i pezzi c’erano Joris Voorn e Nic Fanciulli: due dj osannati come star. Perché è così, da un po’: sono i dj le nuove star musicali. Calvin Harris, Robin Shulz, The Avener, Solomun. Si va ad assistere ai loro show come se si andasse ad un concerto. Ed è incredibile quello che succede durante un dj set: il suono diventa un’onda collettiva, che dalla consolle investe tutti. Solo che, a differenza di anni fa, non si balla soltanto. Si guarda, soprattutto. Si guarda il dj, lo si invoca alzando le mani al cielo, come fosse un dio.

Oggi un mio follower su Twitter mi ha scritto: «Il portatile, ovviamente con la mela morsicata (!), è la star… il dj deve solo saper usare un programma.» «Se fosse così» gli ho risposto, «in molti saremmo dj star. Anch’io so usare Virtual Dj o Traktor [due software che riproducono virtualmente una consolle], ma non basta…».

Questi dj, così amati e così detestati… Tre mesi fa, rientrando dal Salone del Libro di Varsavia, in aeroporto raccontavo a uno scrittore francese del mio interesse verso un dj, di come stavo sentendo la sua mancanza in quei giorni. Lo scrittore in questione mi guarda male e mi dice: «Bah, sarà sicuramente un poco di buono. Per suonare certa musica, devi farti di droghe.» No, per suonare certa musica, non devi proprio farti! Perché poi la gente che ascolta e guarda (e non è tutta fatta), lo capisce se stai girando i dischi a caso, e si offende se hai gli occhi fuori dalle orbite e dalla fronte coli sudore come un cavallo perché prima di iniziare a suonare ti sei pippato tutto il possibile.

Io vorrei dire una cosa a questi dj così amati e detestati. Più che detestarvi vi amo, adoro il vostro lavoro quando lo fate bene, perché so che non è solo questione di mettere in fila una scaletta… Ma siate onesti con chi vi viene ad ascoltare e guardare. Bisogna avere onestà di cuore per ridare il giusto potere alla Musica.

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